È mai sempre questa la scrittura, è l’informe incandescente che s’informa, il suo freddarsi, il trapassare stilla a stilla nel segno, suono, nel senso decretato, nella convenzione, nella liturgia della parola? È canto, movimento, pàrodo e stàsimo per liberare pena gioia furia rimorso, mostrare nella forma acconcia, nella più bella la tempesta? È malizia, compromesso, cedimento, riconciliazione con il mondo? Oh anima sfuggente, oscura, oh fondo tenebroso.
È menzogna l’intellegibile, la forma, o verità ulteriore?
Ma prima è l’inespresso, l’ermetico assoluto, il poema mai scritto, il verso mai detto. È il sibillino, il mùrmure del vento, frammento, oscuro logo, profezia dei recessi. È la ritrazione, l’afasia, l’impetramento la poesia più vera, è il silenzio. O l’urlo disumano.
Dalla terra nasce terraglia, dal fuoco nasce, dall’aria, dall’acqua, nasce ogni forme dall’informe, dal miscuglio l’ordine, la bellezza dal bisogno, l’armonia dal necessario.
Amore e pazienza muovono il mondo, muovono mano, intelligenza, creano il piano e il fondo, il pieno e il vuoto, il concavo e il convesso.